sabato 3 maggio 2008

Il Fuggitivo

1997. Irlanda. Dublino. Settembre (piovoso, ovviamente). Un umidità che ti lascia in pappa anche il cervello.
Vengo in questa ridente, fresca e genuina città per passare con un'amica un mese di vacanza-studio spensierato, dopo la fatica e l'amarezza della fine del liceo.
Qui la gente ti fa tornare veramente la fiducia nelle persone, ti fa venire voglia di casetta delle fate, del lattaio che ti lascia la bottigliona di latte alla porta di casa (è vero!!), ti inumidisce il naso con la rugiada delle foglie uscendo di casa correndo per non perdere l'autobus (ogni santa mattina), ti fa diventare dolcissima con le tre bambine rompipalle, figlie della mamy presso cui alloggi, tre folletti che non smetteresti mai di guardare e di strizzar loro le guanciotte bianche e fucsia. Anche quando la più piccola ti ruba la collanina di platino che ti ha prestato mamma per il tuo primo viaggio da sola, e incenerendola con lo sguardo dici "Minchia!" tanto non ti capiranno mai. E anche quando vedi penzolare la collanina dalla cintura della nana non ti arrabbi (ma solo per un nanosecondo), e invece di rinchiuderla nell'armadio insieme ai suoi giochini, con tanto di mastice nella serratura affinchè la trovino fra 140 anni, le arrotoli il ciuffetto sul visino rosa porcello e le spieghi che questo non si fa, sfoggiando il tuo ormai splendente inglese, fresco fresco di corso full immersion e di conversazioni quotidiane con gli omacci rubicondi nei pubs di Temple Bar.
Che tempi quelli. Si usciva tutte le sere, tanto alle 11 e mezza di sera non c'è più nessuno perché i pubs chiudono e la gente se ne va, visto che è ubriaca dalle 7 e può anche rincasare.
E se rincasi aspettando l'autobus sempre alla stessa fermata, litigando con l'amica che non ne vuol sapere di venire con te due giorni a Belfast perché è pericoloso e ti impallinano se solo fai una foto (che palle), è ancora meglio. Ma la nevrastenica attesa si rallegra ogni giorno, quando alla stessa ora, nell'edificio di fronte ti offrono uno spettacolo gratis.
Eccoci, eccoci, ci siamo quasi, fra poco si dovrebbe aprire il sipario. Due ampie tende aperte su finestroni di vetro di un ostello nell'edificio di fronte ti mostrano il ben di Dio per antonomasia: un figaccione diverso al giorno desnudandosi in camera. Oh my goodness. Non ci avevano detto che per il Paradiso avevamo ancora qualche lustro davanti? Si vede che siamo arrivate prima.
Ehi! Tirare la tenda non va più di moda? E noi adoriamo come cambia la moda. Eh sì, ne vale proprio la pena a volte stare sotto la pioggia, neanche te ne accorgi in momenti come questi...
Volo pindarico a parte... Come che noia tutte le sere nei soliti posti pieni di ubriaconi?!?! Beh, quando sei sulla fine della teen age ed è la prima esperienza fuori casa, tutto fa. E poi mica si beveva. Ma va', figuratevi che una volta quasi ci mandano via da un locale in finto stile catacomba perché andiamo a "scroccare" (n.b. entrata gratis) senza ingurgitarci otto pinte di Guinness. Ovvero: se non bevi te ne vai. Ma mica siamo come le autoctone, che ne buttan giù una dietro l'altra e poi si "imbragano" il Primo che passa (nel vero senso del termine), meglio se di provenienza mediterranea, visto che l'apparenza è virile (ma solo quella).
E che ne dite di quando si appolpano all'onnipresente italico fresco di Hard Rock Cafè? O all' "alternativo" nell'aspetto e demens nell'anima, che dorme SOLO nell'ostello, perché sudicio è bello?
E' l'ultima sera che io e l'amica trascorriamo in questa città dall'aria più che sana e respirabile, e i nostri programmi cambiano, dopo uno slalom gigante tra:
- un ispanico madrileno, compagno di corso, 'mbriaco fino alle gengive (che merita davvero per sguardo e charme, ma appena l'odore di alcool si spande fino alle Ande, il fascino va a rotoloni)
- "giropesco" di 4 ore mezzo con l'amica per trovare il tipo per cui avevo perso la ragione, un italico che dormiva SOLO nell'ostello (tanto ci siamo cadute tutte almeno una volta) che volevo salutare visto che erano le mie ultime ore a Dublino e a mezzanotte la tristezza iniziava a calare, con l'umidità
- dulcis in fundo, un autoctono che, a parer dell'amica, è proprio carino e che sta marcando a uomo (me) da un'ora nel pub (la catacomba mal riuscita).
Volete sapere quale tra le 3 opzioni scelgo alla fine? La più triste ovviamente.
Tutto inizia appena tento di schivare un cross dell'autoctono, poi un attacco ancora più repentino e alla fine...cado in porta.
Giretto fuori? Perché no? In fondo ha smesso di piovere e poi non mi va di appolparmi qui, dopo aver fatto cinque piroette, catapultata da Garrett (l'autoctono, appunto) da una parte all'altra dei 70 x 90 cm dello spazio di fronte al divanetto tattico (mica scemo). Uffa che palle, ma qui hanno tutti lo stesso alito di cipolla-birra-ho digerito male? Ma, vista la disperazione, ci si passa sopra, e si accetta il dolce invito a prendere una boccata d'aria.
Mentre il polipo si agita tentando di fondere le sue molecole con le mie e quelle della parete dell'edificio, penso quanto è freddo e umido qui fuori. Pioverà? Domani a che ora ho il volo? Per tutti i fulmini, direbbe Zeus, in questo momento avrei bisogno di tre cose: un tritone (se Nettuno me lo prestasse per un attimo), un pentolone e una cipolla. Mi andrebbe proprio un po' di polpo lesso a mezzanotte.
Insomma, con il mollusco cefalopode si fa quel che si deve fare, passione sotto zero, aspetto biondiccio incolore, inodore, insapore, occhietto verdino e vispo, ma nel complesso non è per niente male, e dopo un po' l'appolpamento inizia ad essere piacevole. Purtroppo il luogo non è dei più congeniali, tra la parete e lo scalino in pietra; quindi torniamo dentro al pub dopo la proposta di cambiare locale con i suoi compari e la mia amica.
Che bello quando scendi i quattro gradini fino al divanetto, ti volti, e ti accorgi che l'amica è svanita nel nulla con i compari, le giacche e gli ombrelli (oggetti indispensabili). Come minimo ti parte un embolo. Probabilmente la ciurma si è già avviata verso l'altro posto, e dopo essere usciti, io raggomitolata tra le sue forrrrrti braccia, mi sento QUASI al sicuro e divertita all'idea di poter lasciare così questa città...
150 metri più avanti. Grafton Street. Una silhouette che mi è familiare. La mia amica!! Con la mia giacca e il mio ombrello e un tipo che non somiglia manco per scherzo a nessuno dei compari autoctoni. Certo, ora ricordo, è il tipo "indosso una camicia bianca Ralph Lauren e mi 'mbriaco fino al pancreas" che la mia compagna aveva conosciuto un paio di settimane prima, e, visto che la città è veramente piccola, incontri le stesse persone in momenti e luoghi impensabili.
Subito le dico: "Sei una grande!" e poi: "Ma dove c...o l'hai raccattato questo qui?!"
I due fanno conoscenza, in presenza di noi italiche bellezze che siamo tra il frastornato e il "sto per piegarmi dal ridere". Quindi iniziano a proporre entrambi per il seguito della serata e quando il signore in Ralph propone fermamente di andare noi quattro dell'oca selvaggia in un altro posto che non è il famigerato pub dove ci attendono altri compari, anche il mio autoctono accetta.
Dopo 8 secondi, il polipo si volta, scusandosi che, visto che siamo di fronte ad un McDonalds, ne approfitta per andare urgentemente in bagno. Ma si congeda con due salamelecchi, che sono bellissima (pag. 7 del manuale), che è stato un piacere, ecc. Con i miei ultrasensi avverto puzza di bruciaticcio.
Dopo 15 minuti che aspettiamo fuori non è ancora uscito, e il signore in Ralph va in avanscoperta, visto che è il bagno dei Gentlemen (nota bene). "Disappeared" sono le sue uniche parole quando torna pochi istanti dopo.
Io dico che farebbe invidia a Harrison Ford, e Tommy Lee Jones troverebbe pane per i suoi denti.
I fatti sono questi:
- o il programma "Lascia o Raddoppia?" in Irlanda l'hanno preso sul serio
- o la nuova strategia di marketing McDonalds è far fagocitare ai gabinetti gli scrocconi del bagno
- oppure Mr "Col cavolo che vengo in un altro posto CON TE e senza i compari" e "Ralph" hanno fatto un accordo nella toilette.
Tutte siamo state giovani, di buone speranze, fiduciose e ignare della vita.
Ma non sapevo non ci fosse bisogno di essere Maga Magò per far scomparire qualcuno…!
Tea